Galleria Claudio Poleschi Arte Contemporanea – via Consiglio dei Sessanta n. 11, Dogana, San Marino

2 ottobre – 31 dicembre 2021

Per la prima volta Bertozzi & Casoni espongono a San Marino le loro sculture dipinte che hanno ottenuto fama internazionale e accoglienza in importanti Musei e in prestigiose gallerie d’arte grazie a iconografie complesse e coinvolgenti e ad un magistrale uso di un materiale come la ceramica portato a livelli espressivi e mimetici mai prima ottenuti.

Da oltre trent’anni, Bertozzi e Casoni si dedicano a verifiche formali e a sperimentazioni tecniche e tecnologiche di un materiale che, con loro, è passato da un ruolo marginale (artigianale, dilettantesco o di puro divertissement) a mezzo di espressione paritario al bronzo, al marmo e alle varie tecniche pittoriche.

Bertozzi & Casoni hanno preferibilmente indagato i rifiuti della società contemporanea, non escludendo quelli culturali e artistici, in una messa in scena cui contribuiscono immaginazione fantastica e precise tecniche, figurazione e astrazione, storia e contemporaneità, degrado e bellezza. Una bellezza che Bertozzi & Casoni hanno indotto a scoprire anche negli oggetti o nei soggetti più trascurati e negletti: rifiuti, sparecchiature, zolle da discarica, cestini del pattume, fulgidi fiori in attesa della decomposizione o aggrediti da insetti, resti comuni e artistici. Soggetti che, con agganci ai grandi temi della Vanitas e del Memento mori, hanno continuato a caratterizzare le loro opere fino ad oggi. 

Composizioni ai limiti dell’incanto ideativo e formale che gli artisti stessi hanno chiamato “contemplazioni del presente”.

Dopo vari anni di attività, ha inizio, tra il 1998 e il 2000, la loro “grande svolta”: l’abbandono, cioè, della pittura su maiolica e l’uso privilegiato di materiali in gran parte di derivazione industriale che ha permesso alle loro opere (rigenerazioni in chiave contemporanea del grande tema della scultura dipinta) di guadagnare un superiore livello di fisica presenza.

A questi ultimi due decenni risalgono le opere in mostra. Una mostra che per quantità di opere (oltre trenta) e termini temporali si presenta quasi come una antologica della loro produzione di maggiore successo.

Un primo nucleo di opere “storiche” comprende “Albino al bar” del 2002 (un piccolo di gorilla albino seduto su un tavolo di Saarinen – drappeggiato con una tovaglia di pizzo e cosparso dei giocattoli e rifiuti più vari – che offre ai visitatori un posacenere colmo di cicche di sigaretta); “Barile con pappagallo” del 2007 (dismesso barile di petrolio sovrastato da un bellissimo pappagallo le cui piume sono state operate una per una); “Bardhal” del 2008 e, tra gli altri, “Minimi avanzi” del 2010 (un tavolino da bar a tre gambe che fa da base a una allucinante natura morta) e “Composizione n.14” del 2009, versione ridotta del tema delle cassette da pronto soccorso presentato, nella gigantesca versione di cm. 285 x 1000, nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia dello stesso anno.

Altro nucleo è composto dalla serie di borsette dai nomi “Lucrezia” e “Greta” ma anche “21 aprile” a suggerire un ipotetico evento. Un accessorio tra i più diffusi, normalmente chiuso e impenetrabile, diviene, se aperto, una occasione per entrare in un complesso mondo di oggetti che raccontano di vicende, di memorie, di aspirazioni, di illusioni e di contraddizioni. Tra esterno ed interno della borsetta si gioca la partita tra rappresentazione e realtà, tra teatralità e concretezza, tra illusioni e banalità.

Poi, alcune opere tra le più recenti (del 2020 e 2021) dedicate a omaggiare maestri come Gauguin, Van Gogh e Morandi sul solco di un immutato rispetto nei confronti della grande tradizione dell’arte, in questo caso moderna. Un maestro del passato come Arcimboldo – a loro particolarmente consono per i suoi surrealistici ritratti composti con frutta e verdura – era già stato oggetto di reinvenzione con il ciclo delle “Cinque Stagioni” di cui sono in mostra “Studio per Estate” del 2012 e “Autunno” del 2020.

A conclusione, si segnala l’opera “Ritratto” del 2019, eseguita nell’occasione del Festival della Filosofia di Modena dello stesso anno. La celebre ambiguità del volto di “Mademoiselle Rivière” di Ingres – una icona dell’arte pittorica già oggetto di una rivisitazione da parte di Robert Wilson – viene, da Bertozzi & Casoni, sviluppata in una inedita versione tridimensionale, a grandezza reale e totalmente in maiolica dipinta, sostituendo il volto femminile con quello di una gorilla.